Mito e storia, le opere principali
fino al 15 ottobre 2017
Consulta le schede delle opere principali della mostra "Mito e storia dai depositi della GAM".
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Astolfo restituisce il senno a Orlando
Olio su tela
Inv.n.539
Considerato dallo studioso Agostino Gallo tra gli artisti più interessanti di una rinnovata stagione artistica palermitana, Vincenzo Riolo sviluppò una produzione eterogenea, non solo nell’ambito della pittura, ma anche in quello delle arti decorative.
Formatosi a Palermo presso gli studi di Francesco Sozzi e Antonio Manno e, tra il 1792 e il 1799, a Roma dove, nell’atelier del Wicar venne influenzato dal classicismo eroico di stampo davidiano, Riolo dimostra una propensione disegnativa con i soggetti delle sue opere caratterizzati da una forte eterogeneità tematica. Il suo evidente interesse per temi allegorici, mitologici e letterari, si evidenzia anche in un’opera come Astolfo restituisce il senno a Orlando, in cui l’artista riprende il celebre poema di Ariosto – sospeso tra mito e costruzione letteraria.
Girgenti Paolino
(Palermo, 1778-1837)
Cupido dormiente
1798
Olio su tela
Inv.n.665
L’artista palermitano, attivo a Napoli tra il 1800 e il 1819 dove lavorò presso Capodimonte per Ferdinando I, dove ebbe modo di restaurare e copiare opere dei grandi maestri – come il Riposo in Egitto di Raffaello -fu un pittore attivo soprattutto nei generi del ritratto e della pittura storica. Quello del Cupido dormiente è un tema iconografico dalle origini antiche, che risalgono al mondo classico e che, nel corso dei secoli, ha subito delle trasformazioni sia a livello formale sia di significato, in relazione al contesto storico di riferimento; il sonno del Cupido dormiente indica il momento in cui questa capricciosa divinità è domata, temperata, mitigata e, in definitiva, innocua. Questo modello iconografico tornò ad essere in auge come elemento di confronto per gli artisti, che si misuravano con i grandi maestri del passato.
La Farina Francesco
(Palermo, 1778-1837)
Danae
Olio su tela
Inv.n.19
Francesco La Farina, pittore, studioso e attivo copista, mostra in quest’opera tutta la sua esperienza in questo genere. La sua Danae, infatti, grazie i suoi contatti con la corte borbonica, è una copia dall’originale di Tiziano, che l’artista ebbe il privilegio di osservare in tutta la sua magnificenza.
Il soggetto, infatti, che mostra il singolare ingravidamento di Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, da parte di Giove trasformato in pioggia d'oro, era stato oggetto dell’interesse degli artisti già nel corso del Quattro-Cinquecento.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Archimede brucia le navi
Olio su tela
Inv.n.538
Educato il pittore al severo classicismo di marca davidiana, maturato con la conoscenza di Vincenzo Camuccini e Pietro Benvenuti e, soprattutto, frutto dell’assidua frequentazione dell’atelier di Jean-Baptiste Wicar, da cui ereditò l’austero nitore formale e l’ineccepibile virtuosismo cromatico – fatto di campiture lucide e levigate – che caratterizzò la sua produzione pittorica, Riolo ripercorre le istanze neoclassiche sia nei modi rappresentativi sia attraverso i soggetti, di ambientazione classica. La composizione orizzontale dell’opera Archimede brucia le navi segue un tradizionale impianto “a fregio” mentre asseconda l’andamento narrativo dell’episodio: da sinistra a destra il movimento si fa drammatico e concitato, mentre al centro, occupato dalle navi in fiamme, il fumo nerastro e spesso rappresenta il suo nucleo emotivo più intenso. Le figure, lo sfondo, pur tracciati con l’approssimazione del bozzetto, mostrano con chiarezza l’andamento rapido e teso del pennello, memore dell’espressività preromantica: alle velature trasparenti delle nuvole in cielo si affiancano i colori squillanti degli abiti e i gesti.
Carta Giuseppe
(Palermo, 1809?-1889)
Gerone entra vittorioso a Siracusa
Olio su tela
Inv.n.649
Depositato nel 1936 presso il Museo Nazionale di Palermo, il quadro di Carta mostra chiaramente l’appartenenza al genere della pittura storica e allegorica, di cui l’artista fu un importante esponente palermitano. Il dipinto ritrae infatti l’ingresso trionfale in Siracusa di Gerone, tiranno della città alla fine del III secolo a.C. e fautore di un lungo periodo di indipendenza e prosperità, ottenuto grazie alla protezione e all’appoggio del governo romano. Un’evidente, diretta allusione, dunque, all’orgogliosa indipendenza dei popoli dai governi stranieri, ben tradotta nello stile nitido, preciso e narrativo della grande tradizione neoclassica: un solenne corteo trionfale, composto da un fregio orizzontale che percorre la tela da sinistra a destra.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Battaglia tra Normanni e Musulmani
Olio su tela
Inv.n.540
Nella concezione neoclassica dell’arte molte scelte tematiche vertevano sulla storia delle civiltà, ma anche sui miti fondativi dalla forte valenza simbolica; nell’opera Battaglia tra Normanni e Musulmani V. Riolo ripercorre un tema in equilibrio fra genere storico e mitologico. Nel contestualizzare l’epoca di riferimento alle origini della storia moderna della Sicilia e delle sue radici multiculturali, il pittore, considerato dallo studioso Agostino Gallo tra gli artisti più interessanti di una rinnovata stagione artistica palermitana, si caratterizzò per una produzione eterogenea, non solo nell’ambito della pittura, ma anche in quello delle arti decorative.
Formatosi a Palermo presso gli studi di Francesco Sozzi e Antonio Manno e, tra il 1792 e il 1799, a Roma dove, nell’atelier del Wicar verrà plasmato dal classicismo eroico di stampo davidiano , Riolo, con la sua propensione disegnativa, vede i soggetti delle sue opere caratterizzati da una forte eterogeneità, con un evidente interesse per temi allegorici, mitologici e letterari.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
I Musulmani consegnano le chiavi di Palermo a Ruggero
Olio su tela
Inv.n.541
Mito fondativo cittadino, a suggellare la nuova identità politica normanna dell’isola e di Palermo, l’opera I Musulmani consegnano le chiavi di Palermo a Ruggero appare un’opera di Riolo ancora una volta in equilibrio fra genere storico e mitologico. Nell’opera, infatti, viene raffigurato un momento storico che segnò non solo le cronache, ma anche l’immaginario occidentale; il passaggio dalla dominazione musulmana a quella normanna simbolizzato dall'atto di consegna delle chiedi della città. A consegnare le chiavi sono i musulmani, in particolare modo l'emiro chinato davanti al re Ruggero I e a Roberto il Guiscardo seduti su un trono.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Proserpina consegna a Pandora il vaso dei mali
Olio su tela
Inv. n.687
Erede dell’austero nitore formale e dell’ineccepibile virtuosismo cromatico di Wicar– fatto di campiture lucide e levigate - Riolo ripercorre le istanze neoclassiche sia nei modi rappresentativi sia attraverso i soggetti, di ambientazione classica. In quest’opera, Riolo si dedica a un mito classico che affonda le radici nella Sicilia greca: Proserpina, rapita da Plutone re dell’ Ade mentre raccoglieva i fiori sulle sponde del fiume Pergusa, personaggio femminile liminare, consegna il vaso dei mali a Pandora, creata da Efesto per eseguire la vendetta di Zeus, permettendo così al pittore di affrontare il mito che sta alle origini del male e che i Greci utilizzarono per tentare di dare una loro risposta a questa domanda esistenziale, così fortemente legata alla condizione umana.
Patania Giuseppe
(Palermo, 1780-1852)
Venere e Vulcano
Olio su tela
Inv. n.639
Patania fu protagonista di una vicenda artistica in continuo mutamento: dagli anni venti del XIX secolo l’originaria e ben delineata ortodossia neoclassica propria delle opere del secondo decennio, maturata negli anni della formazione con Velasco e rigidamente ancorata alle maglie del bello ideale, veniva rinnovandosi secondo istanze naturalistiche che intendevano risolvere con maggiore aderenza al vero – per ora limitatamente al dato figurativo e non ai contenuti – le esigenze espressive imposte dalla resa del sentimento, la morbidezza delle anatomie e le stesure cromatiche.
Tale tendenza si ravvisa nei numerosi dipinti “da stanza” a soggetto mitologico realizzati dal pittore e riconducili al genere grazioso e di puro diletto nelle cerchie maschili. L’opera Venere e Vulcano, realizzata verosimilmente per il committente Pietro Vaginelli, come lascerebbe supporre una testimonianza di Agostino Gallo, che mostra un rinnovamento in senso naturalistico e romantico.
Patania Giuseppe
(Palermo, 1780-1852)
Psiche vagheggiata da un satiro
Olio su tela
Inv. n.637
Avvezzo all’uso del linguaggio del classicismo accademico, del Realismo secentesco e sensibile ai suggerimenti di V. Riolo, il palermitano Giuseppe Patania, che si dedicò a diversi generi artistici con risultati di altissimo livello nella ritrattistica, mostra un elegante Classicismo soprattutto nella produzione di tele di soggetto mitologico - dipinte fra il 1822 e il 1830 - (Ratto d'Europa, Venere e Adone, Io baciata da Giove, Psiche vagheggiata da un satiro, conservate alla GAM). Un soggetto noto alla letteratura antica, in cui viene ricreato il gioco cromatico del corpo nudo, in cui le stesure di colore seguono le rotondità femminili, e lo scuro del corpo più scuro e virile del satiro, riconducibile al genere grazioso e di puro diletto nelle cerchie maschile, seppur privo di quell’accentuato sensualismo che caratterizza i nudi nello sviluppo dell’età romantica.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Enea accoglie i vincitori alle corse delle navi
Olio su tela
Inv. n.684
Formatosi a Palermo presso gli studi di Francesco Sozzi e Antonio Manno e, tra il 1792 e il 1799, a Roma dove, nell’atelier del Wicar venne influenzato dal classicismo eroico di stampo davidiano, Riolo dimostra una propensione disegnativa con i soggetti delle sue opere caratterizzati da una forte eterogeneità tematica. Nel ciclo dedicato agli episodi dell’Eneide, l’artista riprende l’epica carica di simbolismi, in cui il fine appare il valore educativo che permeava tali opere, con momenti esemplari delle più grandi storie del passato.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Alceste accoglie Enea nei lidi di Drepano
Olio su tela
Inv. n.685
Formatosi a Palermo presso gli studi di Francesco Sozzi e Antonio Manno e, tra il 1792 e il 1799, a Roma dove, nell’atelier del Wicar venne influenzato dal classicismo eroico di stampo davidiano, Riolo dimostra una propensione disegnativa con i soggetti delle sue opere caratterizzati da una forte eterogeneità tematica. Nel ciclo dedicato agli episodi dell’Eneide, l’artista riprende l’epica carica di simbolismi, in cui il fine appare il valore educativo che permeava tali opere, con momenti esemplari delle più grandi storie del passato.
Riolo Vincenzo
(Palermo, 1722-1837)
Enea sulla tomba di Anchise
Olio su tela
Inv. n.686
Formatosi a Palermo presso gli studi di Francesco Sozzi e Antonio Manno e, tra il 1792 e il 1799, a Roma dove, nell’atelier del Wicar venne influenzato dal classicismo eroico di stampo davidiano, Riolo dimostra una propensione disegnativa con i soggetti delle sue opere caratterizzati da una forte eterogeneità tematica. Nel ciclo dedicato agli episodi dell’Eneide, l’artista riprende l’epica carica di simbolismi, in cui il fine appare il valore educativo che permeava tali opere, con momenti esemplari delle più grandi storie del passato.
Di Giovanni Giuseppe
(Palermo, 1817-1898)
Innocenzo II riceve i ministri di Ruggero II
Disegno
Inv. n.1257
Pittore e incisore, il Di Giovanni operò nel corso dell’Ottocento a Palermo, raggiungendo una discreta notorietà nell'ambiente artistico siciliano. Una svolta decisiva nella carriera artistica del pittore fu l'incontro con Lucio Tasca, conte d'Almerita, un nobile palermitano, raffinato collezionista e mecenate di giovani artisti locali. Avvezzo al genere storico, particolarmente apprezzato nell’Ottocento, il Di Giovanni racconta in quest’opera lo storico incontro che pose le basi per essere riconosciuto signore di tutta l’Italia meridionale nel corso della sua conquista a seguito del decennio di guerre che videro il papa legittimo Innocenzo II, l'imperatore Lotario II di Supplimburgo, il basileus Giovanni II Comneno, le repubbliche marinare di Genova, Pisa, Venezia ed anche ribelli interni al regno impegnati in una costante opposizione.
Cagli Corrado
(Ancona, 1910- Roma, 1976)
Gea
Tecnica mista
Inv. n.889
Donata dall’artista nel 1967 in occasione della mostra antologica, allestita presso la Galleria d’Arte Moderna di Palermo, quest’opera ben testimonia l’evoluzione della ricerca artistica del pittore al principio degli anni sessanta. Dopo la serie delle Metamorfosi legata alla sperimentazione tecnica del frottage e al recupero del patrimonio simbolico della mitologia, l’artista anconetano prosegue la sua riflessione sulle tecniche e sui processi esecutivi con una serie di dipinti prevalentemente definiti come carte, in quanto stupefacenti trompe-l’oeil dove la materia – con le sue pieghe, avvallamenti, increspature, riflessi taglienti di luce e ombre portate – viene dissimulata attraverso la pittura: un omaggio alla pratica della tradizione manierista e barocca, che fingeva le sostanze più disparate per mostrare l’abilità mimetica dell’artificio.
Cucchetti Robb Sacha
(Budapest, 1903 - Sazze, 2001)
Sirene
Acquarello
Inv. n.144
Ungherese di nascita (figlia del colonnello dell’esercito ungherese Santor Robb), Alessandra (Sascha) Robb, iniziò gli studi a Vienna e continuò la propria formazione artistica prima all’Accademia d’Arte di Budapest, sotto la guida di Imre Simay, e quindi a Bolzano, avendo come maestro Francesco Ehrenhofer. Qui iniziò la sua attività espositiva nel 1928, partecipando con venti opere alla mostra d’arte organizzata dall’OND (Opera Nazionale del Dopolavoro) di Bolzano. Condivise la vivace attività nel campo artistico e culturale con il marito Gino Cucchetti, intellettuale e scrittore vicino agli ambienti del futurismo e amico di Filippo Tommaso Marinetti. Nel 1932 illustrò il romanzo del marito Pierrot e negli anni successivi si dedicò tanto alle arti applicate che alla scultura e alla pittura: con due aeropitture – Fragori di bombardamento aereo e Profumo di magnolia,
disperse – fu presente nel gennaio 1941 al Circolo della Stampa di Palermo, dove nel 1937 aveva allestito una personale in cui dimostrava la varietà della sua produzione, in linea con una visione totalizzante dell’arte derivata dalle poetiche futuriste, con pitture, ceramiche, paraventi, collage, sculture, bronzi e marmi.
Dall'Oca Bianca Angelo
(Verona, 1858-1942)
Medusa
Pastello su carta
Inv. n.148
Artista Veronese formatosi nella sua città natale, Venezia e Firenze, dove si legò ai macchiaioli, Dell’Oca Bianca condivide con quasi tutti gli artisti della sua generazione un'educazione tenacemente provinciale e restia a qualsiasi suggestione modernista di ampio respiro europeo. Dopo la grande stagione neoclassica e romantica, gli anni '70 e '80 sentono infatti il travaglio dell'Unità; gli artisti o maturano fughe in avanti in accezione decadente e dannunziana e di apertura al simbolismo. L’opera, che affonda le sue radici in un soggetto classico del mito, appare riconducibile alla sua esaltazione dell'eterno femminino, in tutte le età e nei vari aspetti della seduzione, dell'innocenza, della fierezza, della tenerezza, della timidezza, della gioia e del dolore.
Cagli Corrado
(Ancona, 1910- Roma, 1976)
A Ganesa
Argento
Inv. n.891
Tra gli Artisti più importanti del '900 italiano (Ancona 1910 - Roma 1976). Formatosi a Roma, soggiornò a lungo a Parigi e a New York. Partecipò attivamente al movimento pittorico moderno, sperimentando tutte le tecniche pittoriche, compreso l'encausto e il mosaico, dapprima nell'ambito della "scuola romana", poi attraverso sottili ricerche formali di una prospettiva quattrocentesca, fino a giungere a composizioni astratte. Si orientò poi verso motivi realistici per tornare quindi a una ricerca di ritmi spaziali e geometrici. Notevole la sua attività grafica e il suo impegno nell'arte monumentale e applicata che lo condusse a importanti realizzazioni di sculture, ceramiche, arazzi e scenografie teatrali, costumi illustrazioni e molto altro. La scultura mostra la rivisitazione del mito del dio elefante del pantheon indù, riproducendo in argento la proboscide del dio, in cui si trova l’Amrita, il nettare degli dèi, in grado di generare uno stato di Ananda, ovvero di gioia suprema.
Dall'Oca Bianca Angelo
(Verona, 1858-1942)
Figlia di Satana
Carboncino su tela
Inv. n.436
Artista Veronese formatosi nella sua città natale, Venezia e Firenze, dove si legò ai macchiaioli, Dell’Oca Bianca condivide con quasi tutti gli artisti della sua generazione un'educazione tenacemente provinciale e restia a qualsiasi suggestione modernista di ampio respiro europeo. Dopo la grande stagione neoclassica e romantica, gli anni '70 e '80 sentono infatti il travaglio dell'Unità; gli artisti o maturano fughe in avanti in accezione decadente e dannunziana e di apertura al simbolismo. L’opera, che affonda le sue radici in un soggetto classico del mito, appare riconducibile alla sua esaltazione dell'eterno femminino, in tutte le età e nei vari aspetti della seduzione, dell'innocenza, della fierezza, della tenerezza, della timidezza, della gioia e del dolore.
Dall'Oca Bianca Angelo
(Verona, 1858-1942)
Annunciazione
Pastello su carta
Inv. n.434
Artista Veronese formatosi nella sua città natale, Venezia e Firenze, dove si legò ai macchiaioli, Dell’Oca Bianca condivide con quasi tutti gli artisti della sua generazione un'educazione tenacemente provinciale e restia a qualsiasi suggestione modernista di ampio respiro europeo. Dopo la grande stagione neoclassica e romantica, gli anni '70 e '80 sentono infatti il travaglio dell'Unità; gli artisti o maturano fughe in avanti in accezione decadente e dannunziana e di apertura al simbolismo. L’opera, che affonda le sue radici in un soggetto classico del mito, appare riconducibile alla sua esaltazione dell'eterno femminino, in tutte le età e nei vari aspetti della seduzione, dell'innocenza, della fierezza, della tenerezza, della timidezza, della gioia e del dolore.
Ugo Antonio
(Palermo, 1870-1950)
Centauro in Vedetta
Bronzo
Inv. n.354
Nato a Palermo il 22 gennaio 1870, Antonio Ugo si forma inizialmente presso lo studio dello scultore Griffo-Saporito e nel 1889 vince un pensionato artistico a Roma, che gli permette di studiare presso lo studio di Ercole Rosa fino al 1894. Professore all'Accademia di Belle Arti di Palermo e Accademico di S. Luca, a partire dagli anni Venti esegue numerose opere celebrative in cui si manifesta la progressiva semplificazione delle masse plastiche e l'accostamento al Novecento.
Nell’opera, il soggetto scelto da Ugo mostra una creatura della mitologia greca, romana e dei bestiari medievali: il centauro, metà uomo e metà cavallo. L’essere mitologico viene rappresentato secondo canoni classicistici, che evidenziano il corpo flessuoso e vigoroso, in uno stato vigile e attento.
Nicolini Giovanni ???
(Palermo, 1872 – Roma, 1956)
Credi a me
Bronzo
Inv. n.281
Intagliatore e scultore, si formò tra Palermo e Roma, dove fu accolto nello studio di Giulio Monteverde. Presto però si allontanò dalla bottega del maestro per iniziare un percorso autonomo, culminato nella realizzazione della Piccola vedetta lombarda, ispirata al libro Cuore di Edmondo de Amicis. L’opera raffigura…
Rea Cecil
(Londra, 1861-1935)
Ninfa nel bosco
Olio su tela
Inv. n.308
Artista britannico
Pippo Rizzo
(Corleone, 1897-1964)
Paladini di Acitrezza
Olio su faesite
Inv. n.811
Artista che ebbe come maestri Ettore De Maria Bergler, Mario Rutelli ed Ernesto Basile, Pippo Rizzo, nella sua ricerca di uno stile e di una sua identità pittorica, affronta numerose volte il tema dei Paladini di Francia, che vivono nel teatro dell’Opra siciliano e nell’immaginario isolano.
Info: 091 8431605